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Questo l’ho fatto io!

Sabato 4 maggio, nell’occasione della ricorrenza di san Giuseppe lavoratore, i ragazzi sono invitati a svolgere piccoli e semplici lavori di manutenzione. Il mattino i preado, il pomeriggio gli ado.
È un modo per prendersi cura dell’oratorio, che normalmente usiamo, e per prepararsi alla prossima estate.

Prime Comunioni 2024

Si tratta di cinque turni nelle domeniche 5-12-19 maggio, nelle s. Messe delle ore 9.45 ed 11.00. Preghiamo per i bambini che si stanno preparando, e le loro famiglie.
Le confessioni avranno questi orari:
giovedì 2 maggio ore 17 i ragazzi;
giovedì 2 e venerdì 3 maggio ore 20.45 i genitori.

Una casa, molti cuori

Quattro parole per raccontare la lunga storia della nostra chiesa, in questo suo primo giubileo. Ora, per noi può essere un edificio “ovvio e scontato”, perché siamo abituati a vedere la sua fisionomia tutte le volte che ci passiamo davanti. Ma in principio non era così, perché una volta non c’era. Vorrei provare allora a spolverare l’emozione primitiva del parroco don Luigi Arienti, quando aveva davanti a sé uno spazio vuoto, forse di terra e sassi, e un sogno da realizzare per una comunità che aveva già lo spazio per la preghiera (cioè l’attuale salone): era il 1972 e si posava la prima pietra per la nuova chiesa. Tra le mani aveva il progetto di un architetto, e una lista di materiali da comprare: mattoni, cemento, ferro, chiodi, eccetera. Una sensazione simile a quella di Michelangelo, davanti ad una pietra di marmo, da cui liberare la Pietà; oppure Leopardi, davanti ad un foglio bianco e dietro la siepe dell’Infinito; o banalmente una mamma che da ingredienti sparsi sforna una torta squisita. È la capacità di trasformare la materia in una realtà che abbia un senso. Specialmente una struttura religiosa, dove accogliere la Grazia Divina nelle sue molteplici forme. Così succede che nel febbraio 1974 si comincia a celebrare nella attuale chiesa, a quanto pare, con il funerale della madre di don Luigi. Da quel giorno, quante preghiere sono state proclamate? Quanti sacramenti? Quante parole semplici e solenni abbiamo pronunciato? Quali sentimenti per le occasioni festose o quelle di lutto? Si intuisce che la costruzione di una chiesa diventa un fatto spirituale, e questo luogo ciascuno lo può ricordare per qualcosa di importante che è avvenuto. È diventato luogo familiare, una casa appunto, dove passano in vari modi tante persone, e si registrano molti battiti di cuori. In questo ci accompagna la memoria e la presenza dei sacerdoti e delle suore, ma anche di molti fedeli che hanno partecipato alla fondazione della comunità e l’hanno sostenuta nel corso degli anni. Chissà quanti sacrifici hanno compiuto per noi! Raccogliamo con gratitudine questo dono, in un abbraccio simbolico, e guardiamo ancora avanti per chi verrà dopo di noi, ai quali consegnare una bella storia di fede.

La scatola del tempo

In occasione dell’anniversario della nostra chiesa lasciamo ai posteri un segno: un piccolo scrigno dove poter inserire degli oggetti che riguardino la nostra comunità. Poi lo chiuderemo, fino al prossimo giubileo, tra altri cinquanta anni.
È un gesto di fiducia nel futuro, quando altri lo apriranno e scopriranno quello che gli abbiamo consegnato. Chi vuole proporre oggetti significativi, li porti in sacrestia entro domenica 12 maggio.

Corpo pasquale, corpo glorioso

“Troppo bello per essere vero”! La festa pasquale ci conduce all’incontro con Gesù risorto, ma risorto come? La Tradizione cristiana ci parla di “corpo glorioso”, così bello da renderlo meno riconoscibile. Un corpo che cammina, si lascia toccare, mangia, perfino le sue ferite aperte non fanno più male. Pasqua è resurrezione di un corpo, restituito alla sua naturalità, nella sua forma più sacra. Invita quindi anche noi alla riscoperta del nostro corpo, dalla sua vulnerabilità alla sua capacità di compiere gesti d’amore, di cura, di grazia, di trasmettere vita. Nel contesto di questo “rispetto del corpo”, vorrei entrare nel dibattito per un episodio di cronaca milanese. L’oggetto riguarda la collocazione di una statua che raffigura una mamma nell’atto di allattare. Una commissione di esperti ritiene che richiami “valori rispettabili ma non universalmente condivisibili”, quindi non adatta ad uno spazio pubblico. Una proposta successiva è di collocarla nel giardino della Mangiagalli, dove quel gesto è già comprensibile alle mamme che allattano. Come dire che altrove dà fastidio. Ma perché? Forse minimizza la figura della donna? Non è piuttosto vero che la completa e la arricchisce? È un gesto sacrale nella sua naturalità, per niente volgare (come invece la continua esposizione del corpo femminile alla sua nudità), di cui non c’è nulla da vergognarsi. Quindi, perché nasconderlo? Forse si vuole togliere questa sacralità, che è anzitutto naturale prima ancora che religiosa. Forse si vuole comunicare la tendenza per cui la donna non deve essere identificata come madre, o anche che esistono altri metodi per allattare il figlio, senza considerare che invece l’allattamento è un modo tenero e naturale per entrare in relazione con il bambino. Vorrei dar voce alle mamme che allattando i propri figli scoprono la bellezza della maternità, a quelle che con sofferenza non possono farlo, e a quei papà che gentilmente gli stanno vicino. C’è della Pasqua in quel gesto, che trasmette vita e futuro, ci sono dei corpi che respirano una bellezza semplice. Per dirla tutta, quella statua starebbe bene ovunque, ancora di più in qualche piazza dove esistono monumenti che non ci dicono granché (quindi se non sono condivisibili da tutti, li togliamo?), a ricordarci i motivi per cui vivere e risorgere.
                                                                     Don Andrea

Il nostro pellegrinaggio a Roma – Terze medie

Siamo partiti per il pellegrinaggio a Roma lunedì 1 aprile alle 6 del mattino accompagnati da don Andrea, Silvia e Mattia. Dopo otto ore di viaggio infinite siamo finalmente arrivati alle catacombe di san Callisto e dopo una breve visita Giulia, Chiara e Giada hanno fatto amicizia con la guida Croata; successivamente abbiamo celebrato la messa. Arrivati dopo un’ora nello “splendido” hotel, è stata fatta una divisione “molto equa” nelle camere e abbiamo cenato, in seguito abbiamo giocato nel parcheggio dell’albergo e concluso con la consegna di braccialetti interscambiabili.
Don Giovanni ci ha spiegato che potevamo sganciarli e scambiarceli come segno di condivisione e amicizia nei giorni successivi. Alle 23:15 tutti a nanna (si fa per dire!).
Giorno 2 – sveglia traumatica ore 5:30, alle 6:30 eravamo già in viaggio in direzione Vaticano, dove abbiamo celebrato la Messa con l’arcivescovo Mario. Nonostante un po’ di sonno, abbiamo colto le parole dell’arcivescovo che ci incoraggiava a vincere le nostre paure, che è normale avere paura perché a volte ci si sente inadeguati, ma bisogna anche affrontarle, come ha fatto Pietro, che ha vinto la paura grazie all’incontro con Gesù e al suo amore. Subito dopo abbiamo trascorso un pomeriggio libero visitando vari luoghi: Castel sant’Angelo, Colosseo, fontana di Trevi, Altare della Patria, ecc., ci siamo furbamente forniti di cibo per il pranzo del viaggio del giorno dopo in un supermercato (idea rubataci da tutti gli altri) e siamo tornati in albergo per cena e giochi serali. Durante la preghiera siamo rimasti meravigliati dalla visione di una stella cadente, che ci ha regalato un momento magico…eravamo stremati, tutti a nanna!
Giorno 3 – Sveglia ore 6, ma stavolta colazione in albergo. Alle 7:30 ci mettiamo in viaggio per visitare la Basilica di San Paolo fuori le mura e in seguito San Paolo alle tre fontane, dove abbiamo celebrato la messa e fatto la foto di gruppo.
Ci rimettiamo in viaggio sperando di arrivare tardi per saltare la scuola il giorno dopo, ma alle 21 siamo arrivati sani e salvi (e delusi perché saremmo andati a scuola).
                                                                             Carlotta, Chiara, Giada, Giorgia, Giulia, Jacopo, Manuela

Giornata decanale Preado I media

“Una storia in tre atti”, sulle orme di san Pietro martire e del beato Carino di Balsamo, da Cinisello a Seveso: insieme ai ragazzi delle altre parrocchie, si realizza questo incontro sabato 20 aprile, dalle ore 8.45 alle 17.00.

Vedi volantino

Quello che si impara dalle ferite

La recente festa pasquale, con la luce grandiosa del Risorto, è la bella conclusione di un percorso di quaresima segnato da quell’opera d’arte all’ingresso della nostra chiesa. Invitava ad osservare le persone dalle loro ferite, anzi, perfino dalla ferita del costato del Signore: un punto di vista che insiste sulle nostre fragilità e vulnerabilità. Cosa abbiamo scoperto in quelle settimane? Per esempio, ricordiamo alcune esperienze che si sono realizzate:
Il pellegrinaggio ad Assisi-Loreto-Cascia: alcuni partecipanti erano di età avanzata eppure, sostenuti anche dagli altri, hanno affrontato i disagi e le fatiche con leggerezza, specialmente attratti dalla forza spirituale dei luoghi visitati. Ce l’hanno fatta, a dispetto della loro fragilità.
• Al museo diocesano è ancora esposta (fino al 14 aprile) la mostra “Divine creature”, dove troviamo come guide i ragazzi dell’Anffas di Cinisello. Chi l’ha visitata, ha apprezzato le opere ma soprattutto il loro impegno e la preparazione, e ha notato come loro stessi l’abbiano vissuta in prima persona, come qualcosa che li riguarda e li trasforma.
La visita ai malati del nostro quartiere rivela un continuo e profondo attaccamento alla preghiera. Sono persone che non escono molto di casa, ma nella loro casa fanno entrare il mondo, e specialmente la nostra comunità. Dicono che “non possono venire in parrocchia, ma pregano per noi”. È un bel modo di essere presenti .
La carità di quaresima si è rivelata ancora non solo come una raccolta di fondi, ma come uno sguardo su vicende di povertà, di marginalità, di bisogno: tre progetti di carità, uno in Libano, uno in Perù, uno alla casa di accoglienza di Cinisello. Sono risposte concrete a situazione fragili.
• La ripresa di incontri di preghiera per persone che hanno sofferto per una separazione del matrimonio, come forma di accompagnamento e vicinanza
Una pizza da PizzAut: è la sorpresa di una cena, dove cuochi e camerieri sono ragazzi con autismo. Una esperienza straordinaria, un lavoro che ha permesso a loro di scoprire un modo di vivere in autonomia e in dignità. E la pizza è proprio gustosa.
Preziose esperienze, dunque, come sguardi puliti su ferite da cui è nato qualcosa di bello.
La quaresima è terminata, ma abbiamo ancora molto da imparare da queste ferite.

Verso la festa dei 50 anni della chiesa 18-21 aprile

In questo clima di festa pasquale, è bello per noi poter celebrare l’anniversario dei 50 anni della nostra chiesa. In questo luogo sono avvenuti eventi importanti: sacramenti, occasioni comunitarie, funerali e altro. Vogliamo dunque dare una buona importanza e invitare già alla partecipazione.

PROGRAMMA:                          Vedi volantino 
Giovedì 18 aprile ore 21.00: s. Messa con sacerdoti e religiose storici della comunità (invitati anche gli ex-chierichetti).
Venerdì 19 aprile ore 20.45: concerto gospel, offerto dal Redemption Gospel Choir
(parrocchia SS Redentore, Sesto San Giovanni).
Sabato 20 aprile ore 20.45: “Viva gli sposi”, commedia teatrale offerta dalla Compagnia della Cintura.
Domenica 21 aprile ore 9.45: S. Messa presieduta dal vicario don Antonio Novazzi con “abbraccio simbolico” alla chiesa.
Ore 20.45: concerto per la pace offerto dai gruppi dell’oratorio.
Desideriamo inoltre allestire una mostra, con le foto che riguardano la nostra chiesa e agli eventi della comunità, dalla posa della prima pietra. Chi avesse delle foto, può portarne una copia in sacrestia.

Sopra la pietra un angelo ride – Auguri pasquali

Diciamolo pure: quella volta ci fu un bisticcio tale nei cieli che per un momento sulla terra ogni attività frenetica si fermò. Il prestinaio smise di infornare il pane, il contadino di gettare i semi, il falegname di modellare un mobile. Tutti alzarono lo sguardo a quella disputa insolita che stava avvenendo tra gli angeli. Il motivo era semplice: ognuno voleva essere “l’angelo della resurrezione!” In effetti era un’occasione così bella e invitante che ciascuno si sentì in dovere di presentarsi come il più adatto. Fu così convocata da Dio stesso la “riunione della Pasqua”, per decidere a chi sarebbe toccato così grande compito. Si presentò il primo: alto, robusto, pieno di energia, sembrava un guerriero dai muscoli scattanti. Dio lo ammirò: “potresti essere tu, perché rappresenti la forza della vita”! Poi arrivò il secondo: bello, elegante, preciso nei movimenti, sembrava un danzatore. Dio lo ammirò: “potresti essere tu, perché porti una musica nuova”! Poi arrivò il terzo: agile, sicuro di sé, capace nel parlare, sembrava un grande oratore. Dio lo ammirò: “potresti essere tu, perché sai creare un’aria di poesia”! Insomma, la scelta non era così semplice. Allo stesso tempo Dio pensava alla gente che sarebbe accorsa al sepolcro del Figlio: per loro non voleva un angelo rigido come una guardia svizzera, né troppo serio come un funzionario, nemmeno così potente come un gladiatore, perché si sarebbero spaventati. Alla fine Dio ne scelse uno che non dava molto nell’occhio, ma non era capace di star fermo: leggero e divertito, sembrava più un giullare, che ispirava la luce distensiva della serenità, e sapeva accarezzare le ferite del Risorto senza fargli male. Tanto che un grande scrittore descrisse la scena così:

“Ha vinto un povero, il Servo fedele, lui che pareva perduto per sempre: bianche le vesti, la faccia di sole. Sopra la pietra un angelo ride…”
                                                  (D.M.Turoldo)

Gli altri angeli gli fecero da splendida corona, perché tutti vollero partecipare come ad una grande festa. Ah, che bella fu quella mattina!

  Buona Pasqua!
Don Andrea con don Marco, don James, suor Giovanna, suor Donatella