Notizie

Oltre la porta, la speranza: la Porta di Casa

III domenica di Avvento
Il nostro cammino verso il Natale ci sta facendo attraversare la soglia di alcune porte. Abbiamo già riflettuto sulla “Porta del non ritorno” e sulla Porta di Brandeburgo. L’obiettivo è prepararci all’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro. Il Giubileo comincia da lì.
Ma in questa domenica meditiamo sul fatto che il nostro giubileo quotidiano è attraversare le porte di casa nostra.
Ogni soglia apre a un panorama diverso, un invito ad entrare in spazi intimi e condividere gesti e parole.
Le porte diventano facilmente un linguaggio. Già dall’ingresso si vede il benvenuto: talvolta scritto sullo zerbino, oppure da qualche addobbo colorato, meglio ancora per le voci che si odono dall’interno.
Le altre porte di casa si muovono al ritmo della vita familiare e dei suoi componenti, ognuno immerso nei propri percorsi di ogni giorno: ognuno nel suo mondo, per studiare, lavorare oppure rilassarsi, salvo poi riunirsi per mangiare e parlare insieme; perfino il cane e il gatto cercano il loro spazio.
Certe volte le porte sono chiuse, questo può far sorgere qualche domanda. Ma non è per sempre: di fatto, quando si chiude una porta, si può anche riaprire perché così funzionano le porte. Inoltre, ci sono almeno altre due porte del nostro quotidiano con cui fare i conti. La prima è nella nostra testa, dove passeggiano continuamente pensieri e preoccupazioni per i propri cari, e le cose che bisogna ricordare, dalla lista della spesa all’appuntamento sportivo.
La seconda è nel nostro cuore: vorremmo trovarla sempre accessibile, perché circolino gli affetti in un continuo scambio di bene. Sappiamo che non è sempre così, talvolta ci si raffredda, spesso senza capire il perché. Eppure, il nostro giubileo familiare passa da queste porte.
Accogliamo in questa occasione gli amici di Anffas, e le altre associazioni vicine, che ci indicano la strada dell’inclusione, della cura delle fragilità, del farsi carico gli uni degli altri. Continua anche il percorso della benedizione natalizia nelle case: vogliamo vivere anche questa breve occasione d’incontro come un segno che il Signore bussa ancora alle nostre porte.
Per vedere la mostra “Oltre la porta, la speranza” clicca qui

Riunione Consiglio Pastorale Parrocchiale

Si terrà mercoledì 4 dicembre 2024 alle ore 20.45 presso la sala consiglio
nel corso della quale saranno trattati i seguenti argomenti:
1. Andamento delle benedizioni di Natale, in vista del prossimo Avvento 2025.
2. Calendario Giubileo.
3. Stato avanzamento lavori strutture parrocchiali.
4. Gestione dell’Oratorio.
5. Commissioni al lavoro.
6. Varie ed eventuali.

Oltre la porta, la speranza: la Porta di Brandeburgo

II domenica di Avvento
Secondo passo verso il santo Natale, con la presentazione di alcune porte simboliche attraverso le quali è passato il cammino umano. Nella prima domenica abbiamo conosciuto la “Porta del non ritorno” in Benin.
Questa seconda domenica è segnata dalla Porta di Brandeburgo: uno dei simboli di Berlino, ha rappresentato prima la divisione della città in Est e Ovest durante la guerra fredda, poi l’unità della Germania dopo la caduta del Muro, che era stato eretto nel 1961.
Durante il discorso tenuto nel 1987 a ridosso del Muro, il Presidente USA Ronald Reagan esclamò: “Signor Gorbačëv apra questa porta! Abbatta questo muro!”. Il momento sarebbe arrivato solo il 22 dicembre 1989.
Durante quegli anni bui, il monumento si trovava lungo il confine, in una terra di nessuno, con torri di controllo, fari di ricerca, allarmi e Volkspolizisten armati e non si poteva attraversare da nessuno dei due lati. Eppure, aveva un notevole valore storico: inaugurata nel 1791, alta 26 metri, sulla sua cima è situato un carro guidato dalla dea greca della pace Eirene con quattro cavalli.
Durante quegli anni tremendi, un popolo intero si era ritrovato diviso: famiglie, amici, colleghi non potevano più riunirsi, senza sapere fino a quando.
Così questa porta vuole raccontare la storia di tante divisioni che esistono nel mondo, conflitti che portano a costruire barriere invalicabili, simbolo dell’odio e della cattiveria umana.
Oggi nelle sue vicinanze c’è la Stanza del Silenzio, uno spazio dedicato alla memoria e alla riflessione.
È dunque la storia di una porta chiusa, come si chiudono le porte quando non ci si parla più e crescono muri a volte perfino invisibili.
Purtroppo, questi muri esistono ancora nel mondo, separano le persone ed i popoli, e sono il terreno fertile per il sentimento dell’odio, motivo di conflitti e tensioni. Eppure, dietro quei muri esiste ancora una porta.

      Don Andrea

Per vedere la mostra “Oltre la porta, la speranza” clicca qui

 

Mercatino Caritas

In occasione delle prossime festività natalizie si realizzerà, nel salone della parrocchia, il tradizionale mercatino, il cui ricavato sosterrà le attività della nostra Caritas parrocchiale in favore delle famiglie in difficoltà. Si svolgerà sabato 7 e domenica 8 dicembre e potrete trovare oggetti regalo, prodotti alimentari (miele, salumi, formaggi, prodotti del mercato Equo e Solidale, stelle di Natale e altro ancora). Invitiamo, chi può, a contribuire preparando delle torte per la vendita (che potrete consegnare direttamente ai banchi-vendita, già confezionate con carta trasparente e con l’indicazione degli ingredienti). Venite a visitarci, vi aspettiamo!

Oltre la porta, la speranza – La porta del non ritorno

I domenica di Avvento
Comincia il cammino verso il Santo Natale, che coincide con l’inizio dell’Anno Giubilare 2025.
Nella Notte Santa Papa Francesco aprirà la Porta Santa, inaugurando un tempo straordinario per la nostra fede e per le necessità del mondo intero. Vogliamo arrivarci attraverso un percorso di “porte simboliche”, che raccontano storie di vita e passaggi di umanità.
La porta che dà il via a questo itinerario è detta “Porta del non ritorno”: si trova a Ouidah, nel Benin, sull’Oceano Atlantico. Ricorda quelle centinaia di migliaia di schiavi imbarcati per le Americhe durante quattro secoli. Questa porta è preceduta dal sentiero degli schiavi, l’albero della dimenticanza, il muro del pianto e il Forte Portoghese, dove gli schiavi erano raccolti e venduti. Da quelle spiagge partivano flotte di navi cariche di persone strappate alle loro terre, incatenate come bestie, considerate come sottospecie umane e destinate ad una vita di miseria e lamenti, senza libertà. I familiari restavano sulla spiaggia assistendo ad un’ingiustizia tremenda, il più grande traffico di esseri umani, senza potersi difendere dal nemico. Chi partiva nelle stive di quelle navi non sapeva se avrebbe resistito alla terribile traversata dell’Atlantico; né, se arrivando sulle coste americane, avrebbe sopportato la nostalgia degli amori perduti, la mancanza della libertà, il non rispetto dei diritti, una vita di miseria. Sapevano solo che non avrebbero fatto ritorno. La porta del “non ritorno” ci richiama al grande valore della libertà e alle schiavitù ancora esistenti oggi.   Penso ai migranti chiusi nelle prigioni, a donne senza diritti come in Afghanistan, a bambini che lavorano in condizioni disumane, a popoli oppressi dalle guerre, dal terrorismo e dalle dittature.
Ci prepariamo inoltre con i segni tradizionali dell’Avvento: cominciamo a preparare la ghirlanda (i 6 ceri delle domeniche, più 1 del Natale) e ad addobbare le nostre porte. Insieme alla lettera che ricevete nelle vostre case in occasione delle benedizioni, troverete il logo del Giubileo, da colorare e collocare in luogo visibile, chissà magari proprio sulla porta di casa. È il caso di dirci che Natale è alle porte!
Quindi, buon cammino!

Don Andrea

Per vedere la mostra “Oltre la porta, la speranza” clicca qui

A Badile la missione si fa lavorando

La testimonianza missionaria del mese di ottobre sulle attività del Vispe è occasione per rilanciare la possibilità di lavorare fisicamente a Badile (Milano sud, vicino a Rozzano) a vantaggio delle opere missionarie.
Per chi desidera, l’invito è sabato 23 novembre (partenza ore 8 dalla parrocchia, informarsi da Silvia).

Com’è verso il Giubileo – Le chiese giubilari

Sono quindici le chiese, divise nelle sette zone pastorali, nelle quali i fedeli ambrosiani, a partire dall’apertura dell’anno giubilare potranno vivere un momento prezioso per rinnovare la propria fede e cercare la riconciliazione con Dio, anche attraverso gesti di devozione e carità. Ognuna delle chiese giubilari è raggiungibile attraverso un cammino di pellegrinaggio o una via sacra già esistente.
I pellegrini, singolarmente o in gruppi, secondo le indicazioni della Diocesi di Milano, una volta arrivati nelle chiese giubilari sono invitati a compiere cinque gesti per invocare il perdono giubilare: il segno della croce con l’acqua santa in ricordo del Battesimo, l’adorazione eucaristica, l’ascolto della Parola, la preghiera davanti al crocifisso e la scelta di un gesto di carità. Le Chiese giubilari sono:
 la Cattedrale Metropolitana Santa Maria Nascente (Duomo di Milano),
 Zona Pastorale I – Basilica di S. Ambrogio; Santuario S. Maria dei Miracoli presso S. Celso
 Zona Pastorale II – Santuario di S. Maria del Monte di Varese; Basilica di S. Maria Assunta, Gallarate
 Zona Pastorale III – Santuario Nostra Signora della Vittoria, Lecco; Santuario Madonna del Bosco, Imbersago
 Zona Pastorale IV – Santuario della B. Vergine Addolorata, Rho; Santuario della B. Vergine dei Miracoli, Saronno
 Zona Pastorale V – Santuario di S. Pietro da Verona, Seveso; Santuario S. Maria delle Grazie, Monza
 Zona Pastorale VI – Chiesa della Sacra Famiglia dell’Istituto Sacra Famiglia, Cesano Boscone; Basilica di S. Maria Nuova, Abbiategrasso; Chiesa parrocchiale di S. Martino e S. Maria Assunta, Treviglio
 Zona Pastorale VII – Chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, Cernusco sul Naviglio

Sacramento della prima riconciliazione

Meglio conosciuta come la “Prima Confessione”, riguarda i bambini del terzo ciclo della Iniziazione Cristiana (IV elem). Ci guiderà la pagina del Vangelo di Giovanni 10, “Gesù porta della misericordia”.
La celebrazione si svolgerà per loro in due turni: domenica 17 e 24 novembre ore 15.30.

In ricordo delle vittime della strada

Domenica 17 novembre, durante la s. Messa delle ore 9.45, accogliamo gli amici dell’Associazione “Vittime della strada”. È un’occasione importante per pregare per loro, ma anche per ricordare che le strade sono state costruite per aiutare le persone ad incontrarsi, viaggiare, commerciare, pellegrinare e molto altro. Eppure, possono diventare un luogo pericoloso e mortale: nel 2023 sono 3.039 i morti sulla strada in Italia, 224.634 i feriti e 166.525 gli incidenti stradali in cui si sono registrate lesioni a persone.

Com’è una città in cui ci sono i cimiteri

C’è un luogo nella città dove ci si muove solo a piedi: si cammina adagio, si guardano i monumenti, si leggono le scritte, si adorna con i fiori. Si ferma lo sguardo su tombe dimenticate e ci si interroga sulla precarietà umana. In questo luogo si dialoga senza parole, sull’eco dei ricordi: il bene fatto, il bene ricevuto, il male fatto, il male subito entrano nella memoria. Inoltre, non si può evitare il pensiero della morte, della fine di quello che è cominciato. Nessuno qui è così speciale da non piegarsi all’esito scritto dalla nascita: il glorioso e l’insignificante, lo scandaloso e l’edificante, il ricco e il povero, tutti sono attesi dalla nera signora. Qui alcuni si rassegnano come all’ultimo appuntamento, evitando di pensare seriamente al brivido della mortalità; altri accendono un lume e pregano perché avvertono una presenza amica, inaccessibile ai sensi, ma non all’anima e alla fede. In questo luogo della città tutti stanno insieme, buoni e cattivi, gente che ha fatto del bene e gente che ha rovinato la vita ad altri, persone illustri e altre sconosciute, venute da chi sa dove o che è nata, cresciuta, vissuta e morta in città.
I cimiteri nella città sono forse presenza ingombrante, talora si pensa che sarebbe meglio che non ci fossero, basterebbe disperdere le ceneri in qualche nessun luogo e dimenticare tutto. Ma la città custodisce i suoi defunti per lasciarsi istruire proprio dai cimiteri. Essi la invitano a riconoscere una vocazione alla comunità: non siamo fatti per la solitudine, ma nasciamo in una comunità e concludiamo in uno spazio comunitario. Siamo fatti per stare insieme, da morti e da vivi. La presenza dei cimiteri può aiutare perfino a coltivare la saggezza. Infatti, molte cose che sembrano importanti, passano senza lasciare nulla: ambizioni, aspirazioni, presunzioni sono irrise dalla morte, che sorprende, interrompe, stravolge. Talvolta essa si fa aspettare e così sfiorisce la bellezza, l’efficienza, la lucidità nella desolante infermità della vecchiaia. La presenza dei cimiteri tiene viva la domanda sulla vita e invoca la risposta. Il Vangelo risponde con la speranza, con la promessa di un approdo che sconfigge la morte e fa risplendere la beatitudine. Per questo la città laboriosa può riconoscere nella visita ai cimiteri, un invito a essere saggia, paziente, capace di coltivare pensieri di modestia e di speranza e di resistere alla tentazione del successo precario, della ricchezza che il tempo consuma, della potenza con i piedi di argilla.

                                                                                    Arc. Mario Delpini