Sulle tracce di Gesù: diario del Pellegrinaggio in Terra Santa 17/24 marzo 2014

“Forse questa volta ce la facciamo”. Così ci siamo detti quando don Emilio ha comunicato l’estate scorsa l’intenzione di organizzare un pellegrinaggio parrocchiale in Terra Santa. Da molto tempo speravamo di riuscire a fare questa esperienza, ma il lavoro, gli impegni e la paura del caldo (di solito questi viaggi sono organizzati nel periodo estivo) ce l’hanno impedito. Questa volta, liberi da impegni lavorativi e grazie alla scelta del periodo (inizio primavera), abbiamo preso la grande decisione e ci siamo presi una settimana di ferie dal nostro incarico di nonni.

Il 17 marzo, lunedì, quindi, partenza. La trafila dei minuziosi controlli all’aeroporto ci fa subito capire che si tratta di un viaggio un po’ speciale. E poi l’arrivo verso sera a Tel Aviv, il pullman che ci porta al kibbutz Karei Deshe (in realtà una struttura alberghiera spartana ma funzionale, sul lago di Tiberiade) dove ci sistemiamo per i primi tre giorni. Qui ad attenderci troviamo una folla di ragazzi israeliani in gita scolastica che, proprio la sera del nostro arrivo, si apprestano a festeggiare il Purim.
IMG_4073 (2)La curiosità per questa gioiosa festa ebraica, nella notte si muta in disagio per l’eccessivo schiamazzo dei ragazzi in festa. Un provvidenziale intervento notturno di don Emilio tuttavia riporta un po’ di silenzio e la mattina dopo apprendiamo con un certo sollievo (perché la festa del Purim dura un paio di giorni!) che la comitiva dei ragazzi israeliani prima di sera lascerà il kibbutz.

Il giorno dopo, martedì 18, ci trasferiamo in pullman al sito archeologico di Sefforis, antica capitale della Galilea. Ciò che resta delle splendide costruzioni, i mosaici delle pavimentazioni (tra cui il ritratto femminile detto Monna Lisa della Galilea), il teatro all’aperto, ci introducono alla scoperta di una civiltà antica e raffinata.
Emozionante immaginare che il carpentiere Giuseppe e suo figlio Gesù l’abbiano frequentata a lungo per lavoro (Nazareth dista solo 7 chilometri). Infatti, volendo Erode Antipa stabilire qui la sua capitale, si aprirono a quel tempo molti cantieri che richiamarono operai, artigiani, falegnami e carpentieri da tutti i paesi vicini.
Frequentando Sefforis Gesù ebbe modo di entrare a contatto con la cultura greca (molti abitanti della città erano di origine ellenica) e di impararne la lingua, vide sicuramente il teatro e assistette alle rappresentazioni che qui si davano, tanto che arrivò poi ad utilizzare il termine greco “ipocriti” (utilizzato per identificare gli attori di teatro, che fingono di essere ma non sono), privo di equivalente ebraico, per bollare i capi farisei e per dirimere la questione del tributo a Cesare.
Da questo dettaglio inizia a farsi strada nella nostra testa una figura di Gesù meno evanescente, meno astratta, più concreta, più umana.
IMG_4140In tarda mattinata raggiungiamo in pullman Nazareth, dove visitiamo la Basilica dell’Annunciazione, la Tomba del giusto (qui possiamo farci un’idea di come poteva essere la sepoltura di Gesù, con la pietra rotonda a chiusura della tomba) e la chiesa di S. Giuseppe, per poi raggiungere nel pomeriggio il convento in cui è ospitata una piccola comunità dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld, dove ascoltiamo la testimonianza di fratel Paolo (italiano, di Foligno, ci sembra) che ci presenta la loro comunità, ci parla dei difficili rapporti tra cristiani – ebrei – mussulmani e del significato della loro presenza qui per tentare, con infinita pazienza, di costruire rapporti di fraternità. Qui possiamo poi partecipare alla celebrazione eucaristica e concludere la giornata.

Il successivo mercoledì 19 raggiungiamo Cafarnao e visitiamo i resti dell’antico villaggio di pescatori in cui è vissuto l’apostolo Pietro, con le sue casette-monolocale piccolissime, una vicina all’altra, con il cortiletto in comune. Qui don Emilio ci invita a immaginarci la scena della guarigione del paralitico descritta dal Vangelo, quando, per la “grande folla” accalcatasi davanti alla casa, gli amici sono costretti a calarlo dall’alto dopo aver scoperchiato il tetto della casa per presentarlo a Gesù: noi che siamo poco più di 50 non potremmo starci davanti a questa casa!
IMG_4220In seguito ci trasferiamo al sito archeologico di Kazrin, dove in una ricostruzione di un ambiente famigliare del tempo vediamo una ragazza che prepara e cuoce il pane mentre nel cortile, appesi ad alcuni rami sugli alberi, sono in bella vista le sacche in cui è stata messa la pasta di formaggio a sgocciolare (un po’ come i nostri caciocavalli).
A seguire, la visita al Monte delle Beatitudini, dove possiamo pranzare a base di pesce in una accogliente struttura alberghiera.
Nel pomeriggio abbiamo la visita al Monte Tabor che, per la strettezza della strada, dobbiamo raggiungere con alcuni pulmini da 8-10 posti (guidati in modo spericolato da autisti arabi), dove celebriamo l’Eucaristia.

La mattina dopo, giovedì 20, facciamo le valigie per lasciare il kibbutz che ci ha ospitati per le prime notti, recuperiamo un po’ d’acqua del lago di Tiberiade che utilizzeremo a casa per il battesimo della nostra nipotina Miriam, quindi partiamo per la visita al sito archeologico di Meghiddo.
Collocata in un punto strategico vicino alla Via Maris che si estendeva dall’Egitto a Damasco, Meghiddo era una città con eccezionali mura già 5.000 anni fa. Impressionanti le strutture per l’approvvigionamento idrico che arrivano fino a 25 metri di profondità, con lungo tunnel d’accesso di 70 metri che s’estende fino alle sorgenti d’acqua.
Più tardi facciamo sosta per il pranzo al kibbutz Sdot Yam nei pressi di Cesarea Marittima. Un vero kibbutz questo, dà proprio l’idea di come sono organizzate queste comunità-villaggi, con strutture e attrezzature comuni (un po’ di trascuratezza e disordine che a noi ricorda i paesi dell’est europeo socialista), tanti ragazzi e bambini che tornati da scuola abbandonano le loro cartelle con i libri nell’atrio della struttura-mensa comune … e all’esterno prati verdi sui quali dopo pranzo ci sediamo sotto il sole per goderci la vista dall’alto del Mediterraneo.
IMG_4349Nel pomeriggio visitiamo il sito archeologico di Cesarea, dove ancora una volta possiamo constatare il gusto raffinato delle costruzioni e delle strutture architettoniche tese a riprodurre l’ambientazione della Roma antica (il palazzo del Prefetto di Roma, le terme, l’ippodromo). La visita a Cesarea marittima si conclude con uno sguardo ai resti del porto da cui quasi certamente salpò l’apostolo Paolo per il suo ultimo viaggio in catene che l’avrebbe portato a subire il martirio a Roma. In serata raggiungiamo Gerusalemme (grande città!) e ci sistemiamo nell’accogliente struttura alberghiera del Centro francescano Casa Nova all’interno della città.
Dopo cena, i più volenterosi di noi si concedono un primo assaggio della città, avventurandosi nei vicoli del quartiere arabo. La visita a questo quartiere della città ci consente di rivalutare alla grande alcuni luoghi del nostro sud-Italia, universalmente conosciuti per scarso ordine e pulizia! Ma scopriremo più avanti che i 4 quartieri in cui è suddivisa Gerusalemme, Arabo, Cristiano, Armeno ed Ebraico (tanto disordinato il primo, quanto curato l’ultimo) costituiscono altrettante città, molto diverse fra loro.
Qui facciamo anche la nostra prima conoscenza con personaggi vestiti in modo alquanto bizzarro (ne vedremo diversi nei prossimi giorni), ebrei di stretta osservanza che sembrano usciti dalle scene di un film.

Venerdì 21 è il giorno del deserto. Chi se lo immaginava così? Non ci sono dune di sabbia, ma un terreno pietroso, arido e collinare, macchiato qua e là (grazie alla stagione ancora mite) da qualche raro arbusto o ciuffo d’erba. Appena fuori da Gerusalemme notiamo qualche baracca, costruita con mezzi di fortuna; non è disabitata, qualche pecora o capra e alcuni panni stesi attorno ci fanno capire che è abitata!
IMG_4470Il viaggio tutto in discesa (dai + 750 metri di Gerusalemme scendiamo ai – 430 metri del mar Morto) ci porta alla fortezza-palazzo di Erode a Masada, tristemente famosa per l’ecatombe suicida dei suoi difensori. Impressionante questa fortificazione situata su un altopiano costruita nel I sec. aC, dotata di ogni comodità (terme, magazzini sotterranei, cisterne per la raccolta dell’acqua) divenuta in seguito rifugio dell’ultima resistenza ai romani. La raggiungiamo con una funivia e ci rendiamo conto, una volta all’interno di questa grandiosa struttura, delle capacità strategiche, dell’ingegno e del gusto costruttivo delle maestranze che l’hanno ideata e realizzata, ma anche della tenacia e della grandiosa organizzazione militare degli assalitori romani che nel 74 dC riescono finalmente ad espugnarla dopo un assedio durato quasi tre anni.
L’eccessivo prolungarsi dell’interessantissima visita a Masada, ci impedisce di poter accedere come programmato al sito archeologico di Qumran nella zona del Mar Morto (siamo arrivati troppo tardi, un vero peccato!), così ripieghiamo su Gerico. Pochi i resti del sito archeologico, ma grandi emozioni nel considerare che si tratta di rovine che risalgono ad una grandissima città di 8.000 anni fa!
Rientrati a Gerusalemme, dopo una sosta a far compere di souvenir in un emporio alla periferia di Gerico, siamo accolti dalle lamentose preghiere provenienti dagli altoparlanti piazzati sui minareti (ci accompagneranno spesso nella nostra permanenza in città) e abbiamo giusto il tempo di andare a cena. Più tardi partecipiamo ad una celebrazione eucaristica sfruttando la disponibilità di una sala all’interno dell’albergo. La programmata visita al Cenacolo e al sito di S.Pietro in Gallicantu sono rimandati.

Sabato 22, lo Shabbat, ossia il giorno di riposo per gli ebrei, a Gerusalemme oggi si corre la maratona. Attraversando la città per uscire in direzione Betlemme ci colpisce la quantità di posti di blocco e la numerosa presenza di militari che li presidiano, ragazze e ragazzi armati di tutto punto.
Arrivati a Betlemme, andiamo a visitare il sito archeologico dell’Herodion (luogo in cui Erode il grande fece costruire un maestoso palazzo-fortezza munito di terme, cisterne sotterranee e acquedotto, posto a pochi km da Gerusalemme, conquistato dai romani poco tempo prima di espugnare Masada) e poi raggiungiamo la Basilica della Natività.
Qui facciamo la prima esperienza di quanto sia difficile andare d’accordo tra cristiani: in oltre due ore di coda pigiati come sardine per accedere al luogo in cui la tradizione vuole sia venuto alla luce Gesù, possiamo vedere come diversi gruppi di cristiani di fede ortodossa, grazie alla complicità dei preti ortodossi detentori dei diritti su questo luogo sacro, ci passano davanti senza alcun ritegno!
Prima di rientrare a Gerusalemme abbiamo la possibilità di incontrare l’italiano padre Mario Cornioli (assistente del Patriarca Fouad) nella casa di accoglienza Hogar Nino Dios gestita dalle suore del Verbo Incarnato per bambini handicappati o in gravi difficoltà, che alcuni di noi, nel precedente pellegrinaggio con don Danilo di qualche anno fa, avevano già avuto modo di conoscere.
La visita guidata da don Mario a questa casa si rivela davvero toccante: incontriamo Gesù (una suora di questa comunità si chiama proprio così!), Matteo (un ragazzo dell’oratorio della parrocchia S. Maria di Lourdes di Milano) che presta qui la sua opera, assieme ad altri volontari tra cui una ragazza tedesca, e i bambini ospiti di questa struttura. Al termine della visita, don Mario ci invita a far conoscere quello che abbiamo visto qui una volta che saremo tornati a casa (hanno anche un sito: http://www.associazionehabibi.org/) e noi ci facciamo promettere da lui una visita, in occasione del suo prossimo rientro in Italia, per raccontare di persona nella nostra parrocchia questa realtà e i problemi di chi vive in un contesto povero come quello palestinese.
IMG_4717Ma la giornata ci riserva un’altra bella sorpresa: rientrando a Gerusalemme la sosta al monastero delle Clarisse, con la testimonianza offerta da due suore di clausura (suor Chiara e suor Francisca) sulla loro speciale vocazione, e poi l’inaspettato incontro con padre Mario Ghezzi conosciuto da molti di noi, perché originario di Cinisello, venuto a Gerusalemme per motivi di studio dalla Cambogia, dove si trova abitualmente in missione.
La celebrazione eucaristica nella chiesa del monastero e – dopo il rientro a Gerusalemme – la visita serale al Muro Occidentale (Kotel) nella sera di Shabbat, chiudono un’altra giornata intensa e indimenticabile.

Domenica 23, di buon mattino, armati di tutta la pazienza possibile (secondo gli avvertimenti di don Emilio) ci avviamo alla basilica del Santo Sepolcro per la celebrazione eucaristica, e qui facciamo la nostra seconda e forse più triste esperienza della difficile convivenza tra cristiani delle diverse confessioni: la nostra celebrazione della santa Messa presso un altare secondario sul Calvario all’interno della basilica è disturbata, per tutta la sua durata, da un assordante scampanio seguito da una altrettanto rumorosa percussione di imprecisate suppellettili che accompagna una celebrazione ortodossa.
Come se non bastasse, dopo, per accedere al Sepolcro, siamo costretti a una lunga coda, che si protrae per quasi due ore a causa delle interruzioni dell’accesso decise senza preavviso per dare precedenza a funzioni sacre ortodosse fuori programma. E una volta fuori dalla basilica … ecco le preghiere a tutto volume dei minareti! Che dire? Sia lode a Dio!
Saltata la programmata visita al museo dell’olocausto Yad Vashem per motivi di tempo, nel pomeriggio raggiungiamo il Muro occidentale (Kotel) sottoponendoci ai minuziosi controlli con metal detector (rigorosamente separati per uomini e donne!) per potervi accedere, poi il sito archeologico Davidson Arcaelogical Park e, dopo una sosta all’esterno del palazzo di Erode per una meditazione, facciamo rientro all’albergo per la cena. Distrutti dalla stanchezza, la programmata visita serale al tunnel del Kotel la rinviamo ad altra occasione.

IMG_4733Lunedì 24, giorno della partenza per il ritorno, dopo aver celebrato l’Eucaristia alla chiesa del Dominus Flevit sul Monte degli Ulivi, passiamo a visitare il sito di S. Pietro in Gallicantu, luogo del rinnegamento di Pietro (che emozione sostare sui gradini che portavano alla casa in cui è stato imprigionato Gesù dopo la sua cattura la notte del giovedì santo!), quindi facciamo una breve sosta ad ammirare la valle del Cedron. Dopo il pranzo, salutiamo Gerusalemme per recarci all’aeroporto di Tel Aviv e rientrare a casa.

Cosa ci rimane di questo viaggio?
Il ricordo di luoghi che escono dall’immaginario, prendono forma, si fissano nella mente dandoci la percezione di un Gesù meno astratto e teorico, più umano, più simile a noi.
E questo grazie alla vista dei paesaggi (la tranquillità del lago di Tiberiade, il deserto, le valli che portano a Gerusalemme) dei luoghi e delle abitazioni, tanto essenziali e poverissime alcune (come quelle del villaggio di Cafarnao) quanto sontuose e raffinate altre (come i palazzi di Sefforis), che ci hanno dato l’idea di come potevano aver vissuto i contemporanei di Gesù e Gesù stesso.
Ma anche grazie all’incontro con alcune realtà che ci hanno offerto l’immagine di un Gesù attualizzato, come la comunità delle Clarisse di Betlemme (che ci ha fatto percepire come Gesù poteva vivere la preghiera), come la comunità dei Piccoli Fratelli di Foucauld (che ci ha dato un’idea del come devono essere vissuti fraternamente i rapporti con gente anche di fede diversa) e infine come la casa Hogar Nino Dios gestita dalle Religiose del Verbo Incarnato di Betlemme (che ci restituiscono uno splendido esempio di accoglienza verso i più deboli).

Antonietta e Massimo Buffa.

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