Quattro voci missionarie

QUATTRO VOCI MISSIONARIE

Una serata di pioggia diventa straordinaria quando si riempie di racconti, storie vissute, posti lontani: così, mentre volge al termine il mese missionario, ne abbiamo ascoltate quattro, solo qualche dettaglio  , ma di buon sapore.
A seguire, qualche frase preziosa…

“Non importa dove sono stato. Ho cercato di servire offrendo, celebrando, spiegando e glorificando l’Eucarestia. L’ho fatto con i Maya che morivano di fame dopo decenni senza il Pane della vita, ho celebrato la Messa all’ombra di alberi tropicali nell’Africa orientale e ho usato un Messale Portoghese per concelebrare in Cina. Ho spiegato ogni parte della Messa, ogni volta che ce n’era bisogno. Ero felice di vedere le persone apprezzare il Dono di tutti i doni”

Padre Giuseppe Bragotti, comboniano

 

 

«Vivere in mezzo a loro (in Guinea Bissau) era il mio sogno! Grazie, signore! Con gioia ti ho donato la mia vita e tu ne hai fatto tuo strumento»

Suor Gianna Rosolin, missionaria dell’Immacolata

A 20 anni lavoravo a Sesto San Giovanni come meccanico, e alla sera mi davo da fare nel gruppo missionario di s. Ambrogio, per il Biafra. Poi ho capito che ilSignore non mi chiedeva solo la sera, ma tutta la vita. Sono partito con il Pime, e da 50 anni vivo in India, tra i poveri. Oggi è un paese che non vuole i missionari, mi hanno costretto a scegliere tra la cittadinanza italiana e quella indiana. Ho scelto quella indiana, e ora sono qui come immigrato con permesso di soggiorno. Mi dicono che sono matto, e io dico che sono matto per il Signore!

Fratel Enrico Meregalli, laico volontario del PIME

Nella mia parrocchia vivono 75 etnie diverse, con tanti problemi e contraddizioni. Ma all’occasione, compio dei viaggi missionari. Sono stato in Cambogia in estate. Un paese con pochissimi cristiani. Mi chiedo come fa unasocietà a vivere senza il Vangelo, senza il segno della croce. Ho attraversato questo paese e ho visto: i grandi palazzi e le palafitte dei poveri; i segni lasciati dalle bombe e dalle mine dei paesi occidentali; la gente che mangia, parla e scrive in modo tutto diverso da me. Bisogna viaggiare per imparare.

Don Alberto, parroco in San Pietro Martire (Crocetta)

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