Il dito nella piaga di Gaetano Piccolo Sj
[…] il compito del Risorto è indicarci la via per uscire dai luoghi in cui ci siamo chiusi, dalle bottiglie esistenziali in cui siamo finiti, magari attratti dall’odore del mosto. Sono le situazioni in cui ci si siamo infilati, dove siamo rimasti ingabbiati, e ora magari ci avventiamo contro le pareti della bottiglia senza trovare una soluzione ragionevole.
Anche i discepoli del Vangelo sono rimasti chiusi dentro il Cenacolo e non sanno più come uscirne.
Il Cenacolo è diventato il rovescio del sepolcro: se il sepolcro è aperto e da luogo di morte è diventato luogo di vita, il Cenacolo è chiuso e da luogo in cui Gesù ha dato la vita è stato trasformato in luogo di morte. Perché ci siamo chiusi dentro? Forse come i discepoli abbiamo paura, paura di essere giudicati, paura di fallire, paura di rimanere delusi. Ma Gesù non si rassegna davanti alle porte chiuse. Anzi, neanche le porte chiuse del nostro cuore riescono a tenerlo lontano da noi. Nelle apparizioni pasquali, Gesù visita i discepoli di sera, quando la notte si avvicina, come per assicurarci che, nella notte che
sopraggiunge, non siamo soli. Molte volte quello che ci tiene chiusi dentro è il rancore, la rabbia, a volte persino l’odio. La via per uscire dalla bottiglia, dice Gesù, è il perdono. Solo il perdono riporta la pace
nel cuore. Il perdono è come un soffio: lascia andare, non trattiene. Leporte del Cenacolo si possono aprire solo se i discepoli sono capaci di perdonare. Quando siamo arrabbiati, teniamo i pugni chiusi, tratteniamo il rancore, sbarriamo le porte del cuore. Il perdono apre, lascia andare, libera il cuore. La rabbia e il rancore trasformano il cuore in un sepolcro.
Eppure, nonostante queste esperienze di liberazione, le porte del Cenacolo continuano a essere chiuse. Tommaso dubita perché non era presente quando il Risorto è entrato nel Cenacolo, ma anche i discepoli
che hanno vissuto quell’esperienza sembrano continuare a dubitare: dopo otto giorni le porte sono ancora chiuse! Nonostante le esperienze di grazia che attraversano la nostra vita, il nostro cuore spesso rimane congelato.
Tommaso pensa che la soluzione sia mettere il dito nella piaga, proprio come noi, quando non riusciamo a trovare altro modo di affrontare le situazioni dolorose che quello di continuare a raccontarci ciò che è successo. Proviamo un certo gusto a tornare sulle tristezze della nostra vita. E infatti Tommaso è detto Didimo, ovvero gemello. Sì, Tommaso ci somiglia, come lui amiamo mettere il dito nella piaga. Ma Didimo vuol dire anche doppio, e anche in questo Tommaso ci somiglia. Tommaso è doppio perché un po’ crede e un po’ dubita, ma anche perché un po’ sta dentro la comunità e un po’ se ne va. È doppio come noi, perché anche la nostra vita spirituale è fatta di fiducia e di incertezza, di appartenenza e di solitudine.
Ma nonostante la nostra incredulità, nonostante la nostra rabbia e il nostro rancore, il Risorto torna ad attraversare le nostre porte chiuse e ci spinge ad andare fuori, ad aprire le porte, affinché possiamo uscire dalla nostra bottiglia e tornare a respirare la gioia della Pasqua.
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