Giornata Mondiale del Malato

“Cari fratelli e sorelle,
trent’anni fa san Giovanni Paolo II istituì la Giornata Mondiale del Malato per sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e la società civile all’attenzione verso i malati e verso quanti se ne prendono cura. Siamo riconoscenti al Signore per il cammino compiuto in questi anni nelle Chiese particolari del mondo intero. Molti passi avanti sono stati fatti, ma molta strada rimane ancora da percorrere per assicurare a tutti i malati, anche nelle situazioni di maggiore povertà ed emarginazione, le cure sanitarie di cui hanno bisogno.
Quante volte i Vangeli ci narrano gli incontri di Gesù con persone affette da diverse malattie! Egli «percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Possiamo chiederci: perché questa attenzione particolare di Gesù verso i malati, al punto che essa diventa anche l’opera
principale nella missione degli apostoli, mandati dal Maestro ad annunciare il Vangelo e curare gli infermi? ( Lc 9,2) Quando una persona sperimenta nella propria carne fragilità e sofferenza a causa della malattia, anche il suo cuore si appesantisce, la paura cresce, gli interrogativi si moltiplicano, la domanda di senso per tutto quello che succede si fa più urgente. Come non ricordare, a questo proposito, i numerosi ammalati che, durante questo tempo di pandemia, hanno vissuto nella solitudine di un reparto di terapia intensiva l’ultimo tratto della loro esistenza, certamente curati da generosi operatori sanitari, ma lontani dagli affetti più cari e dalle persone più importanti della loro vita terrena? Ecco l’importanza di avere accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull’esempio di Gesù, versino sulle ferite dei malati l’olio della consolazione e il vino della speranza.
Benediciamo il Signore per i progressi che la scienza medica ha compiuto soprattutto in questi ultimi tempi. Tutto questo, però, non deve mai far dimenticare la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e le sue fragilità. Il malato è sempre più importante della sua malattia, e per questo ogni approccio terapeutico non può prescindere dall’ascolto del paziente, della sua storia, delle sue ansie, delle sue paure. Anche quando non è possibile guarire, è possibile curare, consolare, è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia. Se la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri – e i malati sono poveri di salute – è la mancanza di attenzione spirituale,
non possiamo tralasciare di offrire loro la vicinanza di Dio, la celebrazione dei Orari SS. Messe: Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita nella fede.”

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