Camminare sulle acque
La nostra comunità davanti a nuove sfide: siate lieti, pregate sempre
Un uomo si avventurò nelle terre d’Africa con i suoi portatori. Ciascuno impugnava un machete con cui aprire la strada tra la folta vegetazione. L’obiettivo era avanzare a tutti i costi. In presenza di un fiume lo guadavano nel minor tempo possibile. Se spuntava una collina affrettavano il passo per non perdere neppure un minuto. D’un tratto, dopo qualche ora scarsa di marcia, i portatori si fermarono, lasciando interdetto l’avventuriero. Egli chiese: “perché vi siete fermati? Siete già stanchi?”. Uno dei portatori rispose: “No Signore, non siamo stanchi. Ma abbiamo avanzato così velocemente da lasciare indietro le nostre anime. Adesso dobbiamo aspettare finché non ci raggiungano”. (racconto africano)
“Prega tu, se vuoi…”. Ricordo distintamente la provocazione di un uomo, che pure partecipando normalmente alla messa domenicale, non trovava necessario pregare perché “… c’è tanto da fare e non voglio perdere tempo”. Fu allora che scoprii il gusto di una pagina di Vangelo, precisamente Mt 14.
Gesù, sconfortato, attraversa il lago per stare solo, ma la folla lo cerca: da lì le guarigioni e la moltiplicazione di pani e pesci. Alla fine della giornata Lui rimanda i suoi all’altra riva in barca. Gli dà un grosso vantaggio, infatti Lui si ferma a congedare la folla (non certo in pochi minuti), poi sale sulla montagna a pregare. Intanto la barca avanza lentamente, causa il vento contrario. Gesù li raggiunge, camminando sulle acque, e poi con loro raggiunge la riva.
Ora mi vien da chiedere: chi ha usato al meglio il proprio tempo? Gesù o i suoi? Un cristiano prega. Lo fa da solo, con la famiglia, con gli amici, con la comunità.
La preghiera non toglie tempo all’azione, al contrario, affronta le sfide quotidiane con la leggerezza di chi si sente accompagnato da Dio, e quindi affronta i venti contrari come se camminasse sulle acque. L’invito del nostro arcivescovo Mario alla preghiera (Kyrie, Alleluia, Amen) come tema pastorale dell’anno va in questa direzione: il nostro tempo ha bisogno di una Chiesa che sa affrontare le situazioni, e la sua forza è nella preghiera.
Dieci anni fa moriva il Card. Martini, il quale dedicò la sua prima lettera pastorale alla dimensione contemplativa della vita: la preghiera al primo posto. Suscitando un certo sconcerto, dato che la Chiesa milanese era nota per la sua operosità, ma era un darsi da fare appesantito, come la barca che sul lago avanza troppo piano. Così anche la nostra comunità, in tante faccende affaccendata, preghi. E così, leggera come il passo del Signore, andrà lontano. Buon cammino!
Don Andrea
Nessun commento