Il baby calciatore sbaglia il rigore perché non c’e

Il più forte calciatore di tutti i tempi di nome fa Diego (Maradona), il più piccolo, eppur grande esempio di fairplay, porta lo stesso nome. Diego Malatesta, 13 anni, tesserato per la Scuola Calcio Giovane Ancona, ha compiuto qualcosa che per il senso comune del pallone è considerata un’assurdità, un’eresia. Ha volontariamente deciso di tirare fuori il calcio di rigore che l’arbitro aveva decretato in favore della sua squadra. In un mondo di simulatori, di tuffatori d’area e di gente che venderebbe anche la madre (o indosserebbe qualsiasi tipo di sponsor, compreso quello di un’agenzia di scommesse, vedi la Nazionale) pur di vincere, Diego Malatesta va in direzione ostinata e contraria, e quel rigore non ha inteso segnarlo, semplicemente perché «non c’era». 

I fatti risalgono al 3 ottobre scorso e il match era quello tra la Nuova Folgore e la Giovane Ancona (campionato Cadetti 2003). Quel rigore avrebbe definitivamente chiuso la partita: la Giovane Ancona stava vincendo 1-0. Ma Diego si presenta sul dischetto con la sicurezza del veterano, salvo poi tornare ragazzino con dentro la stessa paura del Nino della Leva calcistica del 68 cantato da Francesco De Gregori: «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore / non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore…». Quel messaggio è come se fosse risuonato nella testa di Diego: ha guardato verso la sua panchina in cerca di un cenno, per poi tirare fuori. In un solo istante ha anche tirato fuori tutto «il coraggio, l’altruismo e la fantasia».

Un gesto da “pallone d’oro” di lealtà che ha commosso i tanti testimoni di questa magnifica storia di cuoio. Il più emozionato a distanza di giorni rimane l’allenatore della Nuova Folgore, Lorenzo Sulpizi- «Al di là del risultato negativo per i miei ragazzi, sono andato a casa veramente felice – racconta Sulpizi – . Per la prima volta ho visto con i miei occhi un ragazzino che di idea sua ha sbagliato volontariamente un rigore, perché l’arbitro aveva sbagliato a fischiarlo. Sono nel mondo del calcio da quasi vent’anni, e non mi era mai capitato un episodio del genere. Voglio fare i complimenti a voi genitori, perché se quel ragazzino, così come gli altri che lo hanno applaudito subito, si sono comportati in questo modo, è perché hanno ricevuto un’educazione eccellente».

di  Massimiliano Castellani

Fonte: Avvenire del 11 ottobre 2016          (dalla rubrica “Sport- Pallone e vita”)

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