Oltre la porta, la speranza: la Porta d’Europa

IV domenica di Avvento
A metà del tempo di Avvento celebriamo la memoria liturgica di sant’Ambrogio, patrono della nostra diocesi, e la solennità di Maria Immacolata. Due momenti di grande respiro e di lieta speranza, due luci solenni che scaldano i percorsi natalizi e ci ricordano che è giunto il tempo di preparare il presepe e la casa intera alla festività della Nascita del Signore. Inoltre, in questa domenica, un’altra porta simbolica ci accompagna all’apertura della Porta Santa del Giubileo: la Porta d’Europa. Si tratta di una grande scultura che si erge per quasi cinque metri d’altezza sul promontorio dell’isola di Lampedusa: è una porta che riflette la luce, come una sorta di faro visto dal mare. Per chi arriva dall’Africa, è la prima cosa visibile dopo aver navigato per lunghe ore, con barconi o gommoni troppo stretti per starci in piedi e troppo fatiscenti per starci vivi. L’opera è il simbolo della rinascita, di una vita possibile dopo quella impossibile vissuta nella terra di provenienza. Questo monumento, costruito nel 1996 dopo un naufragio, è dedicato a tutti i migranti e ai loro viaggi disperati, ai caduti in mare: storie spezzate, genitori rimasti senza figli, figli orfani, amori perduti, speranze disperse, promesse infrante e paure schiaccianti. La porta è un simbolo di passaggio. Aprirla vuol dire varie cose: l’inizio di un nuovo capitolo della propria vita; un momento di rinascita; la possibilità di salvezza da tutto ciò che si è costretti a lasciare dietro; la speranza di un domani migliore. Sempre viva è anche la speranza di tornare nuovamente ad attraversare quella porta, per riagganciarsi alle proprie radici. È dunque la porta di chi si mette in viaggio, di chi cerca una vita migliore, di chi vuole uscire da situazioni difficili e dolorose, di chi naviga nel mare inquieto della vita e ha bisogno di vedere un approdo sicuro.
La vita luminosa di s. Ambrogio e di Maria siano come un faro sicuro. 

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