…Con gentilezza. Virtù e stile per il bene comune.

L’esercizio della responsabilità richiede molte virtù: l’onestà, il discernimento, la prudenza, la fortezza, la mitezza, il senso dell’umorismo…
Ma per il servizio al bene comune, è necessaria la virtù della gentilezza. Non intendo solo le “buone maniere”, ma quell’espressione della nobiltà d’animo in cui si possono riconoscere la mitezza, la mansuetudine, la finezza nell’apprezzare ogni cosa buona e bella, la fermezza nel reagire all’offesa e all’insulto con moderazione e pazienza.
Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, parlando della “rivoluzione della gentilezza”, ci ha invitato così: «Ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza».
Invoco dunque ogni benedizione di Dio sui responsabili delle istituzioni, sulla città e sul territorio, su tutti coloro che abitano questa terra, ne onorano la storia, ne preparano un futuro, vi seminano fiducia anche in questi tempi travagliati e complicati. Secondo le parole del poeta Franco Arminio, «abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’inno alla crescita ci vorrebbe l’inno all’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza». Io aggiungerei: alla gentilezza.

  Dal discorso nel giorno di Sant’Ambrogio dell’Arcivescovo Mario Delpini
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