Cio’ che noi fummo un dì voi siete adesso, chi si scorda di noi scorda sè stesso

Oggi ci fermiamo per riflettere su questa giornata dedicata a chi non è più tra noi. Potremmo pensare che sia un’occasione troppo seria e malinconica per lasciare spazio ad una punta di sorriso: sarebbe bello che almeno un giorno all’anno i nostri nonni, zii, cugini – insomma quelle persone che ci sono state vicino – decidessero di fare un salto “dal cielo”, per farci sapere che non si annoiano! Immaginate i nostri defunti che dall’alto pensano: “Eccoli qua, ancora con quei fiori, quel crisantemo che è arrivato un po’ stinto!”. E noi che, sotto, cerchiamo di fare bella figura, sistemando la tomba e accendendo una candela.
Ma perché lo facciamo?
Per ricordare, per non far sparire nella nebbia del tempo chi ha vissuto, amato, magari sbagliato come noi, ma ci ha aiutato a diventare quello che siamo; per riflettere sulla vita e sulla morte, non come un tabù, ma come parte di un percorso umano. Per dire “grazie”, specialmente se non abbiamo avuto modo di dirlo in vita, con una preghiera, un pensiero, un gesto semplice.
Cosa possiamo fare allora?
Portare un fiore sulla tomba non è un’impresa titanica, ma un piccolo gesto di attenzione; dedicare un momento di silenzio, anche solo due minuti, dove togliamo gli auricolari della vita frenetica e ascoltiamo il sussurro del ricordo; raccontare un aneddoto a tavola, in famiglia.
E perché no: un sorriso pensando che, in cielo (o altrove), qualcuno ci guarda e pensa: “Finalmente si ricordano di me…”.
In conclusione: non è una festa allegra come una pizzata con gli amici, ma nemmeno un momento da evitare.
È un tempo buono, pacato, pieno di affetto e perseveranza.
Facciamolo nostro, con leggerezza e sincerità: ricordiamo, ringraziamo, speriamo.

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