Aiutiamoci a vivere la nostra età

Secondo un modo di pensare molto diffuso, la vecchiaia, ancor più se accompagnata da problemi di salute, viene spesso presentata come un male da evitare. Anzi, si evita persino di citarla. Oggi sembra quasi offensivo dire a qualcuno che è vecchio, per cui fioriscono mille modi di dire alternativi: terza età, anzianità, età geriatrica, senescenza, longevità, età d’argento, anni verdi… Perché non possiamo semplicemente, con rispetto, dire che un vecchio è anche… vecchio? Perché di fronte a uno splendido tramonto dovremmo parlare di “terza parte del giorno”, di “luce nuova”, di “ora rubiconda”? Sarebbe bello che l’ora del tramonto sia goduta come tale, senza pretendere di fare cose che si farebbero in pieno giorno, rifacendosi a modelli giovanilistici, né aggirarsi come se il buio fosse totale, con la rassegnazione di chi si sente ormai impotente.
Ogni tappa della vita presenta caratteristiche diverse: un essere umano è più fragile da neonato rispetto a quando avrà trent’anni. E quando ne avrà ottanta sarà più fragile rispetto a quando ne aveva cinquanta.
In entrambi i casi siamo nell’ambito della fisiologia: è normale che un bambino e un ottantenne siano più fragili, che a una certa età (non solo a 80, ma anche a 5 anni…!) non si possa correre la maratona, ma questo non comporta alcuna diminuzione del proprio valore. L’invecchiamento, come la crescita (anche un bambino ogni giorno invecchia di 24 ore!), è un fenomeno biologico universale, non una disgrazia come talora sembra di sentire in giro. Anzi, forse è la più grande conquista raggiunta dall’uomo nel secolo scorso, quando nel mondo occidentale la vita media della popolazione è praticamente raddoppiata!
Invecchiare è naturale per tutti gli esseri viventi, è segno che non siamo cristallizzati ma vivi, il migliore augurio che ognuno di noi possa fare a se stesso e agli altri.
Eppure viviamo in un mondo in cui sembra che l’unica età degna di essere vissuta sia quella adulta. Di conseguenza, così come abbondano bambini vestiti come quarantenni, costretti a fare e dire cose da adulti, a partecipare a trasmissioni e concorsi per adulti senza poter vivere la propria età, dall’altra parte, a cominciare da molti personaggi illustri, vediamo modelli di anziani con parrucchini, lifting, auto superveloci, accompagnatrici giovanissime, tutti tesi a mascherare la propria età e i propri acciacchi. Nella pubblicità su quotidiani e riviste, nei discorsi quotidiani, nelle stesse vetrine delle farmacie e forse un po’ anche nella pastorale delle nostre parrocchie sembra che tutto ciò che in qualche modo è segno di invecchiamento venga visto come da nascondere e combattere. Perché pretendere che il bambino non viva da bambino, l’adulto da adulto, il vecchio da vecchio? Da giovani chiediamo al medico di aiutarci a raggiungere la vecchiaia, e quando la raggiungiamo spesso ci lamentiamo o cerchiamo di nasconderlo agli altri e a noi stessi….
E se ci fermassimo un poco a riflettere? Se restituissimo il diritto di cittadinanza ai capelli bianchi – almeno per chi ha la fortuna di averne ancora…- a un passo più lento, alla facilità alla commozione, a qualche ruga (sintesi delle espressioni di tutta una vita, come ricordava fieramente Anna Magnani!), a una memoria un po’ meno frizzante? Che bisogno c’è di negarli e nascondersi dietro a finte maschere di giovinezza? Non c’è che da essere fieri dell’aver raggiunto una certa età! Che bello tornare a ridirci ad alta voce che la vecchiaia è una tappa (bella) della vita, come il tramonto è una parte (bella) del giorno! Che bello Papa Benedetto che riconosce serenamente di essere vecchio e limitato, senza sentirsi sminuito, e prima di lui Papa Giovanni Paolo II che non si vergognava di farsi vedere vecchio e invalido! Un Presidente della Repubblica che non si vergogna della sua età e si mette al servizio senza pretendere di mostrarsi giovane e rampante! Quelle belle novantenni fiere della propria età che invitano le amiche e i parenti a festeggiare le ricorrenze! Altrimenti si rischia di vivere da schizofrenici, non in sintonia con il nostro corpo e la nostra psiche che comunque, lo si voglia o no, crescono e invecchiano.
Forse per fare il primo passo di fronte a una società che sembra emarginare i vecchi malati si potrebbe partire dagli atteggiamenti che ognuno di noi vive nella quotidianità rispetto al proprio invecchiare e a quello delle persone che gli stanno di fronte. Il “segreto” per invecchiare bene e ridare dignità alla vecchiaia, anche con le difficoltà e le malattie che spesso insorgono, in fondo, potrebbe partire da qui: vivere la propria età, senza anticipare il futuro né congelare il passato. Solo così sapremo affrontare “in piedi” anche le fragilità e le malattie, liberandoci dalla necessità di dover “fare” per dimostrare di valere ancora qualcosa. Solo così sapremo ridare dignità alla vecchiaia, tutta la vecchiaia, non solo a quella dinamica e in piena salute. Altrimenti il rischio grosso è di valorizzare solo quei tanti anziani ancora molto attivi, che per grazia riescono generosamente ad impegnarsi ancora nel volontariato, in parrocchia, nella società, dimenticando però che chi, ottantenne e malato, non è in più grado di svolgere attività da persona in piena salute, si sentirà ulteriormente svilito e accantonato o costretto a sforzarsi al di là di quanto nelle sue possibilità per non sentirsi inutile e mostrarsi ancora attivo.
E’ il primato dell’essere sul fare, che ci ricorda continuamente Papa Francesco con l’elogio della tenerezza e della fragilità di fronte al puro efficientismo.
Aiutiamoci a vivere la nostra età! Tutta la nostra vita è un adattarci a ciò che viviamo: se fa freddo, ci copriamo, non facciamo finta di essere in estate al mare perchè temiamo di sentirci sviliti a indossare un cappotto!
Altrimenti ci comportiamo come chi, sul far della sera, pretende di accendere, senza accorgersi di quanto sia ridicolo, gigantesche lampade artificiali per far sembrare che sia ancora mezzogiorno. E così rischiamo di perderci anche il gusto del tramonto.

Stefano Serenthà, medico geriatra

Editoriale pubblicato sul sito dell’Azione Cattolica di Milano

1 Commento

  1. Cattaneo Giancarlo

    Dom 24th Gen 2016 at 17:13

    Bel pezzo, peccato che quando tocca a noi non ci rendiamo conto della realtà…bisogna sforzarsi

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